CALENDARIO

Strumento per il computo delle giornate e dei mesi nell'arco dell'anno. Il nome deriva dal latino kalendae, primo giorno del mese, in cui i banchieri romani riscuotevano gli interessi dei prestiti annotati su un libro (calendarium). Un calendario fu adottato dagli egizi, per i quali il mese era di 30 giorni, l'anno iniziava dalla comparsa nel cielo della stella Sirio ed era di 365 giorni (12 mesi più 5 giorni). Tre stagioni di quattro mesi erano scandite dal Nilo e dall'agricoltura: "inondazione", "uscita" (della terra dalle acque) e "raccolta". Nel calendario mesopotamico il mese (per i sumeri itu e per gli accadi arkhu) era di 29 o 30 giorni, suddiviso in settimane (di 7 o 5 giorni). Prima che Hammurabi rendesse quello adottato dalla città di Nippur comune a tutto l'impero nel XVIII secolo a.C., le città-stato babilonesi ne avevano uno proprio, con mesi denominati dalle feste religiose e dai lavori agricoli. Il primo mese iniziava con l'equinozio di primavera. Per gli ebrei la settimana era una suddivisione del tempo, indipendente dal mese, che iniziava con la luna nuova. Come presso i babilonesi, occorreva accordare l'anno solare coi mesi lunari: quando si notava la stagione arretrata, l'ultimo mese raddoppiava. Anche l'anno solare greco era di 354 giorni sulla base delle lune: per l'accordo coi 365 solari, l'astronomo Cleostrato di Tenedo (seconda metà del VI secolo a.C.) calcolò un ciclo di otto anni (octaeride) con una distribuzione di mesi supplementari. All'octaeride, troppo corta, Metone ad Atene sostituì nel 432 a.C. un ciclo di 19 anni (12 mesi ciascuno più 7 intercalari). Negli stati greci il calendario non era uniforme: l'anno attico e olimpico cominciava in estate; quello macedonico in autunno. Alla primitiva bipartizione in estate e inverno si attenevano gli scrittori di fatti bellici (per esempio Tucidide). A Roma, Numa Pompilio (VIII-VII secolo a.C. ?) avrebbe organizzato l'anno in 355 giorni, con un mese intercalare (merkedonius) ad anni alterni. L'eccesso di quattro giorni ogni quadriennio era corretto in modo arbitrario dai pontefici, che spesso distribuivano i mesi intercalari per ragioni politiche, in disaccordo con le stagioni. Nel 46 a.C. Giulio Cesare riformò il calendario con i suggerimenti dell'astronomo alessandrino Sosigene. Ogni quattro anni si aggiungeva un giorno fra 23 e 24 febbraio (bis sexto ante kalendas Martias, donde il nome di "bisestile" all'anno di 366 giorni in confronto ai tre "comuni" di 365). La data romana si basava su kalendae, nonae e idus (rispettivamente il 7 e il 15 in marzo, maggio, luglio, ottobre; il 5 e il 13 negli altri mesi). Questo calendario giuliano fu in uso nei paesi cattolici e protestanti fino al 1582, quando fu sostituito dal calendario gregoriano, e fino al 1918 nell'impero zarista.

R. Scuderi



F. Jesi (a c. di), La festa. Antropologia, etnografia, folklore, Rosenberg e Sellier, Torino 1977; F. Giallombardo, Festa, orgia e società, Flaccovio, Palermo 1990.
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